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martedì 11 ottobre 2016

STERLINA, PETROLIO E DOLLARO

Dopo giorni dal “flash crash” (crollo lampo) che ha fatto scendere la coppia GBP/USD sotto il livello 1,2000 prima di rimbalzare, preoccupa che ancora non se ne sia trovata la causa. Molti danno la colpa agli algoritmi, ma quale sarebbe la giustificazione per una tale ondata di vendite durante la seduta asiatica? Altri ritengono che dietro a questo movimento violento ci sia stato un errore di digitazione umano (“fat finger”).Anche se questi temi sono preoccupanti, sopratutto perché sollevano dubbi sulla microstruttura del mercato dei cambi, essi non modificano la nostra impostazione di base sulla sterlina. Crediamo che questa sia una buona opportunità per ricaricare i lunghi. Le conseguenze della Brexit sono state ampiamente sopravvalutate e lo scenario da incubo profetizzato sulla scia del referendum sulla Brexit non si è dimostrato così terribile come previsto.La Brexit non è la fine del mondo. Inoltre, la sterlina sottovalutata darà slancio alle esportazioni britanniche nei prossimi mesi e il paese sta vivendo la fase di crescita dei prezzi delle case più bassa degli ultimi tre anni. Ciò nonostante, rimaniamo prudenti perché una Fed più falco del previsto potrebbe far scendere il cable. Ciò non è successo negli ultimi decenni, ma la ricerca di credibilità della Fed potrebbe cogliere i mercati di sorpresa.
Al Congresso Mondiale sull’Energia di Istanbul, il presidente russo Vladimir Putin ha lasciato intendere di essere disposto a coordinarsi con l’OPEC per gestire la produzione. L’Arabia Saudita ha segnalato che altri paesi non-OPEC sono disposti ad unirsi all’accordo sulla riduzione e il ministro dell’Energia saudita ha affermato che fra qualche mese i prezzi del petrolio potrebbero aggirarsi intorno ai 60 USD. Infine, l’attività manifatturiera cinese ha mostrato una crescita solida, dando un ulteriore slancio al rally delle materie prime. L’aumento dei prezzi del petrolio ha fornito ai mercati azionari la giustificazione necessaria per salire. Il settore petrolifero e del gas hanno trainato il rally generalizzato. I commenti russi e sauditi hanno generato prospettive positive, consentendo al greggio WTI di portarsi sopra il manico dei 51 dollari al barile per la prima volta da giugno. Sui mercati valutari, l’aumento dei prezzi del petrolio ha innescato acquisti diffusi di USD, sostenuti anche dall’accentuata domanda di titoli USA dagli investitori. Sospettiamo, però, che l’attuale rally dell’USD non sia sostenibile.

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