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domenica 2 ottobre 2016



La crescita economica ungherese è stata moderata a partire dalla crisi finanziaria del 2008, ma dal 2014 si osserva una crescita piu’ sostenuta.  Alla formazione del PIL contribuiscono l’agricoltura per il 3,4%, l’industria per il 31,1% e i servizi per il 65,5%. Tali settori occupano rispettivamente il 5, il 30 ed il 65% della forza lavoro. La principale risorsa naturale del Paese è costituita dalla terra che per il 75% è arabile; il sottosuolo non dispone di risorse rilevanti fatta eccezione per la bauxite. Sono presenti inoltre numerose sorgenti calde che potrebbero essere sfruttate per la produzione di energia  geotermica. L’industria più importante è quella automobilistica che contribuisce per il 20% all’intera produzione industriale, seguita dall’industria chimica (plastica e farmaceutica), mentre hanno perso di importanza quella mineraria, metallurgica e tessile. L’industria alimentare ha un peso determinante e contribuisce per il 14% alla produzione industriale e per il 7-8% all’export. L’Ungheria è una localizzazione particolarmente prescelta in Europa centrale per gli investimenti esteri nel settore automotive: sono infatti presenti  la General Motors (Szentgotthárd), la Magyar Suzuki (Esztergom), la Mercedes-Benz (Kecskemét) e l’Audi (Győr).
Tra i principali obiettivi di politica economica del Governo figurano da una parte la riduzione delle tariffe delle "utilities", l’aumento dell’occupazione e il sostegno alla crescita, dall’altra la necessità di contenere il deficit ed il debito pubblico. A sostegno delle famiglie è stato varato il programma di “alleggerimento del debito” che ha imposto alle banche la conversione dei mutui in valuta. Con sentenza della Corte Suprema, le banche hanno dovuto risarcire i loro clienti per il tasso di cambio applicato e il tasso di interesse, ritenuti non corretti. Tale operazione ha ridotto la liquidità degli istituti di credito e con questo la loro capacità di erogare prestiti, soprattutto alle imprese.  A seguito del MoU  firmato a febbraio 2014 con la Banca Europea di Ricostruzione e Sviluppo, il Governo, a partire dal 2016,  ha diminuito la tassazione a carico del sistema bancario e un’ulteriore riduzione é prevista per il 2017. Si è inoltre impegnato a cedere entro tre anni le proprie quote di partecipazione negli istituti di credito ed a migliorare il quadro regolamentare. Continua comunque a diminuire l’indebitamento del settore privato, nonostante il programma di sostegno alle PMI della Banca Centrale, ma la riduzione del prelievo fiscale a carico del sistema bancario dovrebbe incidere positivamente sul credito alle imprese.
L’alto indebitamento del Paese costituisce una fonte di fragilità per l’economia e, per arginare tale rischio,  il Governo ha lanciato una campagna per l’acquisto di titoli del debito pubblico sul mercato domestico. La quota di debito in valuta estera ammonta a circa il 40% del debito complessivo. Anche la stabilità del fiorino è legata all’andamento del debito e tra le valute emergenti é tra quelle che maggiormente risentono della volatilità dei mercati finanziari. La bilancia commerciale è in attivo nonostante in termini di volumi tra il 2009 ed il 2013 l’export sia diminuito del 19%. La domanda interna ed i trasferimenti dei Fondi comunitari dovrebbero rimanere il principale motore della crescita economica per il prossimo biennio, ma con uno spostamento da investimenti a consumi privati. L’inflazione si è sempre mantenuta bassa negli ultimi anni grazie alla diminuzione delle tariffe delle "utilities" e, da ultimo, del prezzo del petrolio. La Banca Nazionale in virtù del basso tasso di inflazione ha allentato le condizioni monetarie portando il tasso di sconto da 1,05% a 0,9% a maggio 2016.

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